Pillole di cultura popolare

LA CAPERA

di Luigi Lembo

Con l’arrivo della primavera è risaputo che soprattutto le donne dedicano una maggiore attenzione al proprio aspetto e alla propria bellezza. Non solo la linea ma anche avere una chioma ordinata e ben pettinata è un elemento basilare per il proprio aspetto. Vanitose e appariscenti, da sempre si è voluto apparire impeccabili, specialmente per le occasioni importanti, senza mai sfigurare. Oggi per noi è normale pensare di entrare in un qualsiasi salone di bellezza, per chiedere al parrucchiere un’acconciatura o un particolare taglio, ma anticamente, per le donne funzionava diversamente. La pratica veniva svolta soprattutto a domicilio con una figura emblematica comunemente definita come “Capera”. La Capera si recava nelle case delle donne che richiedevano il suo intervento e con notevole maestria intrecciava, avvolgeva, arricciava e tagliava i capelli delle clienti, soddisfacendo in ogni modo i loro desideri. Pensando alla sua figura, è inevitabile non chiedersi, come faceva ad ottenere un’ottima  piega senza l’utilizzo dei modernissimi apparecchi per parrucchieri. Il bello sta proprio in questo, nella semplicità dei suoi utensili, quali mollette, forcine di osso e di tartaruga e particolari pinze che una volta scaldate, potevano essere utilizzate per lisciare o arricciare i capelli, anticipando di molti anni la venuta delle moderne piastre per capelli. E tra un colpo di pettine e un altro non potevano mancare quattro chiacchiere e confidenze, in una casa e poi in un’altra, e un’altra ancora, facendo diventare la capera un veicolo essenziale per la distribuzione di storie e pettegolezzi. Nasceva così il luogo comune che la capera non si limitava solo a lavorare: ma, pettegola, conosceva la storia di tutto il quartiere con l’abitudine di diffonderla, con notizie talvolta riservate spesso con malevolenza, e abbandonandosi con gusto ad allusioni e commenti maliziosi. Il termine in sostanza deriva dal latino caput (testa) + il suffisso femm. di pertinenza “era” Il termine, nelle nostre zone ha assunto nel tempo il ruolo di sinonimo anche con altri termini come “ nciucessa” ossia egualmente pettegola, diffonde le notizie con commenti maligni e semina discordia. L’origine è onomatopeica: ciù-ciú è una trascrizione del suono del parlottìo di chi confabula a voce bassa. Oppure “ntrechessa” cioè una persona che ama intromettersi nei fatti altrui, che vuole sapere tutto di tutti, un’ impicciona. Deriva dal verbo latino “intricàre” (ostacolare, intralciare, avviluppare, raggirare) A sua volta il verbo latino deriverebbe dal greco trica, che indica i capelli (o dei peli) avviluppati di essi o dei peli, fatto questo che ci riporta alla nostra capera. Oggi molte donne, dal parrucchiere per ingannare il tempo, leggono riviste di gossip, ma quante preferirebbero una ricca chiacchierata che racconta i pettegolezzi di quartiere?