Dopo aver incontrato alcuni tipi di povertà, nelle domeniche precedenti e dopo aver ascoltato la voce sia di Gesù che del Profeta oggi questa liturgia ci apre il cuore ad un atteggiamento di fondo che deve animare il cristiano.
Avremmo dovuto aspettarcelo che, di fronte a questo impegno non gravoso ma serio e che richiede all’uomo un notevole impegno nell’essere presente a sè stesso, gli apostoli avrebbero reagito: così come noi: ce la faremo? Il che non è inno all’impotenza ma riconoscimento della fragilità e della umanità.
Perdonare senza riserva, anche i nemici, andare al di là della contingenza e avere uno sguardo ampio, lungo, non diventare chiavi della “ricchezza” e tanto meno dei propri talenti, provoca i discepoli che, mentre pensano che sono obiettivi inarrivabili, gridano Gesù: aumenta la nostra fede!
Dal Vangelo secondo Matteo (17, 5-10)
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Nella prima breve esortazione Gesù riporta il discorso alla fede, basilare per ogni futura riflessione del credente: la fede supera ogni ostacolo. È l’inizio della risposta essenziale che il Signore ci offre alla domanda che si pone ogni uomo, fragile e debole: ce la farò?
Diceva S. Teresa d’Avila, ad un ingegnere che obiettava che dovevano servire moltissime monete per costruire un monastero: Teresa e alcune monete è poco: Teresa, alcune monete e Gesù è cosa sufficiente.
Questo è lo spazio della fede, è lo spazio di chi ci crede sul serio che ha a che fare con il Dio onnipotente.
Certo che lo scoraggiamento viene sempre ma non è ancora morto il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù, il Dio che sta già toccando la nostra vita. Ogni forma di scoraggiamento non è che un’offesa alla divina Provvidenza. Il profeta Abacuc incarna i sentimenti di disperazione che può prendere ogni credente, di ieri come di oggi come di domani. Vale la pena sottolineare quale la risposta del Signore.
Dal libro del profeta Abacuc (1, 2-3; 2, 2-4)
Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».
Lo scoraggiamento dell’uomo che cerca di comportarsi in modo giusto e veritiero può affiorare vedendo intorno a sé violenza … oppressione …iniquità … rapina … liti … contese. La risposta di Dio non sono parole vuote che vanno al vento ma un imperativo categorico ben fermo e preciso: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».
Un vecchio proverbio così dice: Dio è molto lento (tardariello – dicevano i nostri nonni – ma non scurdariello) ma le sue risposte ci sono sempre e sono incise sulla pietra, non passano, sono incise specialmente nel cuore di Dio. Però quando Dio interviene la sua risposta è consolazione e premio: il giusto non ha nulla da temere.
Facciamo nostra la preghiera che è anche una esortazione, del Salo 94: Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». Cui fa seguito il grido degli apostoli: aumenta la nostra fede!
Riprendendo il Vangelo ci vengono riproposte le due proprietà della fede: l’intensità e la gratuità. Una fede anche minima ma solida (un granellino), Gesù ci indica quali effetti essa può produrre: un albero può cambiare posto e gettarsi ne mare. Poi insiste sulla fede come dono di Dio: e si avvale dell’esempio del servo che pone l’amore ed il servizio di amore, prima che i suoi personali interessi o bisogni, Dimostra così come è esigente il servizio di cui parla il Vangelo lo stesso apostolo Paolo che ci avverte che anche i lavori più penosi fatti con amore trovano sempre la gratificazione da parte di Dio.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (1, 6-8.13-14)
Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.
Gesù non aumenta la fede: non è un fatto quantitativo: tutt’altro! Non tocca infatti a Dio aggiungere, accrescere, aumentare la fede, perché essa è la libera risposta dell’uomo al primo passo che fa Dio.
Fondamentale nella fede che sembra quasi un niente ed invece diventa tutto, può tutto, tanto da sradicare un albero e gettarlo in mare. La tua fede ti ha salvato: quante volte nel Vangelo ascoltiamo la voce del Maestro che così spiega, con un grande tato e grandissima carità, quanto avviene: sembra quasi che nella fede Dio voglia nascondersi per dare a noi il posto di protagonista. In effetti protagonista è la fede che richiama la presenza della Provvidenza di Dio.
Perché poi Gesù parla di “servi inutili”? nel senso che siamo non determinanti, non decisivi. Chi agisce è sempre il Signore, Lui il vero seminatore della nostra vita. Per cui la preghiera accorata dei discepoli “aumenta la nostra fede” significa chiedere che quella forza soprannaturale entri e vivifichi la nostra vita ed il nostro cuore.
Siamo circondati da una società che ha il culto dell’utile. Eppure Gesù, nella fede, nell’atto di fede ci apre al senso della gratuità per cui tutto sappiamo aspettarci da Dio: anche che arriva il momento in cui Lui stesso si mette a servirci il piatto gustoso della sua presenza.