34. È festa in cielo – La Buona Notizia della Solennnità dell’Ascensione del Signore –
2 giugno 2019 – a cura di don Carmine del Gaudio

Quando i vincitori nelle battaglie o nelle guerre ritornavano in patria, specialmente a Roma, veniva tributato loro un grande trionfo: varie iniziative erano intraprese per onorare ed esaltare le gesta del vincitore e dei suoi soldati. A Roma, specialmente, giochi, parate, arco di trinfo ed altro esprimevano la gioia e la esultanza del popolo osannante.
Su questa linea voglio contemplare i cieli che si aprono nel momento in cui, ed è la festa solenne che oggi vogliamo celebrare, e Gesù, il vincitore per eccellenza del peccato e sul peccato, che viene accolto trionfante nel suo “paradiso”.
In che senso “vincitore” si dice di Gesù?
La missione di Gesù ha avuto come impegno principale la salvezza dell’uomo e quindi dell’umanità: ma la salvezza operata mediante la morte di croce ha permesso ad ogni uomo di lessere liberato definitivamente dal peccato con cui satana lo teneva legato e prigioniero, la morte è vinta, il peccato è vinto. La grande guerra conbattuta da Gesù è stata appunto questa. Quando è salito al cielo (la festa solenne di oggi) ha portato dentro il cuore del Padre l’umanità rinnovata e redenta mediante il suo sangue. Di qui la festa che tutti i Santi, gli Angeli e i Beati, insieme con Maria Santissima, fanno in paradiso. Ritorna il loro Signore: ritorna Colui che ha assoggettate tutte le cose. Quelle del cielo e quelle della terra.
Questa vittoria è il frutto del sacrificio per il quale Cristo è entrato una volta e per sempre nel Santuario non fatto da mani di uomo ed ha offerto il suo Sangue per la nostra salvezza.
Dalla lettera agli Ebrei (9, 24-28; 10, 19-23)
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza. Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.
Sul sacrificio di Gesù, nell’accettare quello che Egli ha fatto come mistero di fede e di amore, si fonda la nostra gioia nel vedere Cristo salire verso il cielo: per noi è il compimento delle promesse fatte dal Padre, lungo il corso dei secoli, in cui ci ha promesso l’aiuto che viene dall’alto. Che differenza tra il sacrificio del Vecchio sacerdote della Legge mosaica e il sacrificio operato da Gesù: non il sangue di un animale ma il Sangue di Colui che si presenta come l’Agnello che prende su di sé il peccato del mondo.
Lo sguardo degli apostoli verso il cielo indica in che direzione dobbiamo educarci a guardare se vogliamo comprendere dove è la vera gioia, dove è veramente Colui che ci ama e ci salva.

Dagli Atti degli Apostoli (1, 1-11)
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Questo brano ci parla con il cuore del ricercatore che è Luca: ricercatore perché credente: pur non avendo conosciuto Cristo, lo conosce così bene nell’intimo che ne parla da autentico testimone oculare, avendo ascoltao dalla voce degli Apostoli e di Maria la Madre di Gesù tutto quello che Essi hanno raccontato del Maestor, dall’infanzia alla croce, passando attraverso il sacrificio della sua preghiera sacerdotale.
Da queste testimonianze Egli deduce lo stile, la personalità di Gesù Maestro: ed indica quale stile e quale personalità deve promuovere il vero credente.
La fede del credente, educato al soprannaturale, gli permette di rimanere in città, nella citttà degli uomini – come ci ricorda il nostro Vescovo negli Orientamenti Pastorali di questi anni. Rimanere in città come Chiesa, cioè come comunità di credenti che diventano ogni giorno di più testimoni del mistero di amore di Criso che è venuto a salvare gli uomini dal peccato. Mettere in cammino la Parola lungo i sentieri della storia, è per il credente il motivo della profonda gioia di prestare cuore, mani, piedi, occhi, al Maestro e aiutarlo a chinarsi sull’uomo ferito, sull’uomo del bisogno di aiuto che solo da Dio èuò venire, efficace e salvifico.
Questa la vera missione del cristiano!
Dal Vangelo secondo Luca (24, 46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Un passaggio della nostra fede da segnalare ai fratelli che vivono con noi nel mondo è dato dallo sguardo verso il cielo cui ci dobbiamo tutti educare, per non rimanere invischiati nella pastoia del caos di questo mondo che spesso, è doloroso dirlo, non sa nemmeno quello che vuole. Gesù lo sa e lo vuole per noi: vuole la nostra piena felicità fondata non su cose passeggere ma sui valori che danno la profondità del cuore come luogo di incontro tra noi e Dio.