La Parola di Dio è inarrestabile. Non si ferma e non si fermerà mai. Fino a quando c’è un uomo sulla faccia della terra, bisognoso di un lieto annuncio di salvezza, la Parola correrà ncontro a lui ed entrando dentro di lui lo salverà.
Stiamo vivendo in questo periodo pasquale il contagio della Parola che mediante l’opera, la vita e le parole stesse degli Apostoli raggiunge gli estremi confini del mondo. Dovunque arriva, specialmente i pagani, non contaminati da regola alcuna, da Legge distorta dall’interpretazione degli uomini, aprono la porta del loro cuore. È la registrazione della prima lettura di oggi in cui protagonista è la Parola ma sulla bocca di Paolo e Barnaba:
Dagli Atti degli Apostoli (14, 21b-27)
In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Iconio e Antiochia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiochia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.
Paolo e Barnaba fanno come una cronistoria del fenomeno della Parola, quando raggiunge anche i pagani cui – dice il libro degli Atti – Dio ha aperto la porta della fede. Quello che operano gli Apostoli è la famosissima “plantatio ecclesiae” la “fondazione della Chiesa” che viene affidata agli anziani nella fede. Non una struttura, dunque, ma una vera e propria comunità che radunata intorno alla Parola, la vive, la incarna, e l’annuncia agli altri fratelli lontani.
La Parola di Dio non ha bisogno di presentazione: si presenta da sola e scava nel cuore delle persone, mettendovi dentro il fuoco ardente dell’amore di Dio, incarnato in Cristo Crocifisso e Risorto. Qualche settimana fa parlavo della Parola come quasi sacramento, proprio per l’efficacio della grazia che produce dentro il cuore e la vita dell’uomo.
Uno dei frutti più belli della grazia, intesa come presenza di Gesù dentro di noi, viene descritto dal testo dell’Apocalisse:
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (21, 1-5)
Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
La forza sacramentale della Parola di Di e della grazia qui viene evocata da questi cieli nuovi e questa terra nuova in cui si immerge lo sguado dell’Apostolo Giovanni. Il mondo di prima scompare, viene fuori il nuovo, creato nella giustizia e nella santità vera. Una novità che tocca certamente e prima di tutto il cuore dell’uomo, di ogni uomo o donna sotto il cielo: poi investe la storia, dai rapporti con e tra le persone, investe poi l’ambiente, l’ecologia come si dice oggi, la stessa città degli uomini: addirittura la nuova Gerusalemme è contemplata come una sposa adorna e pronta per il suo sposo. La novità essenzialmente è data dalla “Presenza” di Dio con gli uomini: l’habitat dell’uomo diventa la dimora di Dio: il cuore prima di tutto: poi anche tutto il mondo che costituisce il nostro mondo di uomini. La Presenza di Dio segnerà la grande consolazione che ci permette di vivere nella grande tribolazione e di lavare le nostre vesti nel sangue dell’Agnello: ecco la novità di fondo: un cuore nuovo, una mente nuova, una vita nuova. La vera novità quindi è Cristo stesso: Lui può dire sul serio «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
Anche il Vangelo di oggi ci parla di novità:
Dal vangelo secondo Giovanni (13, 31-33a.34-35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Questa volta la novità riguarda il comandamento dell’amore. Ma questo percorso di vita, auesta scelta, questo stato di vita che è l’amore, non ci era già stato indicato nella Vecchia Legge del Sinai? E allora dove la novità?
Lasciamoci illiunare prima di tutto da Agostino di Ippona: Il Signore Gesù afferma che dà un nuovo comandamento ai suoi discepoli, cioè che si amino reciprocamente: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 34). Ma questo comandamento non esisteva già nell›antica legge del Signore, che prescrive: «Amerai il tuo prossimo come te stesso»? (Lv 19, 18). Perché allora il Signore dice nuovo un comandamento che sembra essere tanto antico? È forse un comandamento nuovo perché ci spoglia dell›uomo vecchio per rivestirci del nuovo? Certo. Rende nuovo chi gli dà ascolto o meglio chi gli si mostra obbediente. Ma l›amore che rigenera non è quello puramente umano. È quello che il Signore contraddistingue e qualifica con le parole: «Come io vi ho amati» (Gv 13, 34).
Nuovo quindi intnto lo Spirito con cui Gesù ci comunica questa sua volontà già peraltro realizzata: nuova la dimensione che non solo è ascensione, cioè va verso Dio, ma anche orizzontale perché dall’amore di Dio si dilata l’amore verso gli altri, verso il prossimo. E in questa novità Agostino legge quello che opera il comandamento: rinnova, cioè rende nuovo ogni cosa anche le cose vecchie che sono dentro di noi. Anche l’amore rischia di diventare una nicchia, ciooè anche l’amore può diventsre vecchio: amare per esempio solo chi ci ama è invecchiare l’amore! Soprattutto nuovo il comandamento per quello che diventa il vero ed unico criterio: come io ho amato voi! Cioè il nostro amore modellato su quello di Gesù: ecco la vera novità cui siamo chiamati tutti i cristiani. L’amore cristiano non è diverso dall’amore semplicemente umano. È molto di più per la ricchezza di aver avuto come unico modello e Maestro Gesù di Nazareth. Per i cristiani è un obiettivo poter imparare ad amare semplicemente come ama Lui, come ha amato Lui, come ha dimostrato che è possibile amare fino alla follia, fino al sangue (leggi le miriadi di martiri della Chiesa di tutti i tempi!). il modello rimane per noi la Crocifissione di Gesù dove l’amoe è stato crocifisso, dove l’amore è stato tanto grande da volere lo stesso Gesù rimanere fissato alla nostra vita (la croce) per tutta l’eernità. Gesù Crocifisso al mio amore di povero uomo: ecco la novità che occorre gridare al mondo intero dai tetti delle nostre case, dai campanili delle nostre Chiese. Solo con questo amore crocifisso si può salvare il mondo. Anche per me, questo vale: solo quando saprò amrare fino al sangue, fino a lasciarmi croficiggere a chi voglio amare, solo allora potrò dire: oggi ho imparato ad amare come ama Gesù.