29. Solo l’amore salva – La Buona Notizia della III Domenica di Pasqua
5 Maggio 2019 – a cura di don Carmine del Gaudio

Da queste colonne più volte ho sottolineato quale sia la mancanza più evidente, ma anche la più sconosciuta, del mondo attuale. È un male oscuro che ha preso la società, ha attanagliato il cammino delle intere popolazioni. Domandiamoci, a questo proposito, perché si scappa dalle guerre, dalla fame, dalla disperazione, dalla mancanza di riconoscimento dei diritti politici e umani, perché si deve sostare in un lager tipo terzo millennio in Libia, perché c’è lo sfruttamento minorile in tantissimi paesi dalla accentuata povertà, perché…perchè… e potremmo ancora continuare: scriveremmo un elenco lungo un treno.
La mancanza che soffriamo tutti, anche nelle piccole comunità come famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni, è la mancanza di amore!
Quando parliamo di amore certamente corriamo un rischio. Scadere nel “buonismo” che è tutt’altra cosa. L’amore lo possiamo cimorendere solo nella misura in cui non lo riduciamo ad un sentimento, ad una parola, per quanto bella, ad una esercitazione verbale da imbastire in un discorso più ampio che tocca la sfera civile, dei rapporti con gli altri e tra di noi.
Se vogliamo comprendere la parola “amore” dobbiamo rifarci a 1 Cor 13, il famosissimo Inno all’amore di S. Paolo: il quale ci dice, in poche battute, che o l’amore diventa persona (allora è amore) o non è amore. Proprio come ha fatto Gesù.
In un certo qual modo la vera autorità che riconosciamo in Gesù è, sì, perché p Dio, ma perché è amore incarnato, diventato persona.
Proprio questo “amore” ha permesso a Gesù di andare ad immolarsi sulla croce.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (5, 11-14)
Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.
Il mistero della Pasqua che stiamo vivendo, è il fondamento della nostra fede: Se Cristo non fosse risorto… ma aggiungiamo se l’Amore non fosse stato crocifisso… ecco il grande annuncio che ci consola e che ci dà la speranza utopica di guardare al futuro della nostra esistenza. Passerà questa ubriacatura cui si è sottomesso il mondo, con noi uomini che ci facciamo guerra gli uni con gli altri, per sciocchezze. Cristo è morto per i nostri peccati, per risanare gli odi, gli screzi, le divisioni, il non amore che regna tra di noi. Cristo immolato, amore consumato per noi, ci dice chiaramente come si può salvare il mondo: solo con l’amore e con l’amore crocifisso, se vogliamo che arrivi alla risurrezione. Delle persone, delle situazioni, della storia.
A questo siamo invitati ad obbedire: non ad altro. Di qui il coraggio degli Apostoli, incarcerati, picchiati, martirizzati. Non sono venuti meno all’obbedienza all’amore e per amore.
Dagli Atti degli Apostoli (5, 27b-32.40b-41)
In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
Come si fa ad ubbidire a chi ti chiede di non riconoscere l’amore e vuole che regni l’odio? Come si può obbedire a chi condanna i giusti per liberare i delinquenti senza che paghino la colpa davanti al mondo? Come si può obbedire a chi trama nelle tenebre e vorrebbe mettere a tacere l’amore se mai crocifiggendolo di nuovo? È quello che sta accadendo nel mondo con le persecuzioni ai cristiani: e non solo! Eppure vediamo, ascoltiamo la testimonianza di chi si ostina a credere all’amore! Ci spieghiamo anche così l’atteggiamento che gli Apostoli hanno dimostrato di fronte alle accuse del Sinedrio e della cricca che ha mandato Gesù in croce. La loro forza è davvero in Cristo Risorto. Addirittura non solo non hanno paura ma affrontano ogni sofferenza e ogni patimento in omaggio e per amore di Gesù.
Anche essi possono cantare con il Salmista (Salmo 29): Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia. Ascolta, Signore, abbi pietà di me, Signore, vieni in mio aiuto!». Hai mutato il mio lamento in danza, Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.
Dal Vangelo secondo Giovanni (21, 1-19)
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatre grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Questo il Vangelo con cui in questa terza domenica di Pasqua ci dobbiamo confrontare. Alcuni passaggi importanti vorrei sottolineare.
Primo: Gesù mette alla prova la sensibilità dei discepoli che, uno dopo l’altro, al seguito di Pietro, “tornano” a pescare. Sembra che la vita debba ritornare allo stato di prima. È vero che non è ancora avvenuta la Pentecoste ma… Questo andare a pescare senza Gesù porta il fallimento.
Secondo: la parola di Gesù chiede fiducia: gettate dalla parte destra…. Ed è pesca copiosa: chiaro perché è Gesù che dà il pane vero del suo amore: quel pane che sulla spiaggia ha preparato loro da mangiare (si può anche pensare un tantino alla Mensa Eucaristica.
Terzo: il discepolo più fresco nella conoscenza di Gesù, Giovanni riconosce che è Gesù il Signore: sulla sua parola Pietro si getta in acqua per andare da Gesù.
Quarto: Gesù in questo avvenimento vuole spingere Pietro ad un amore vero che sia capace di rinnegare le tre volte in cui durante l’arresto di Gesù egli ha detto di non conoscerlo. E per tre volte gli chiede se lo ama: Gesù cerca non solo una professione d’amore: cerca una sintonia che manca. Mi ami…Ti voglio bene: Mi ami…Ti voglio bene: la terza volta Gsù scende al livello di Pietro e gli chiede se davvero gli vuole bene. Qui scatta la fiducia di Gesù verso di lui: pasci…pascola…pasci… Quanto è grande l’amore di Gesù. Lo stesso amore chiede ripetutamente anche a noi perché solo con questa sintonia di amore il nostro incontro con Lui può cambiare la nostra vita.
Quinto: Solo così nasce la vera vocazione in cui Gesù ci chiede: “Seguimi”.