Raffaele Perrella, 72anni ben portati, a capo di un impero nel regno dei mobili con la Fiera del Mobile a Riardo, a quanto si legge in rete ad 8 anni, per aiutare la sua famiglia, primo di 10 figli divenne apprendista da un meccanico; a 15, da solo, si trasferì a Roma come cameriere. Infine girò mezza Europa fino ad approdare a Milano dove aprì un ristorante tutto suo. Poi, da un’intuizione scaturita da un discorso che facevano dei suoi clienti, vendette tutto e aprì il suo primo centro di mobili. Per non piegarsi ai ricatti di chi pretendeva il ‘pizzo’, è stato sotto scorta per 10 anni. Un imprenditore quindi che si è creato da solo, padre di due giovanotti che hanno seguito le sue orme, Bartolomeo e Ciro, quest’ultimo ha abbinato il suo secondo nome di battesimo (è nato in Svizzera) Thierry ad House ed ha creato una sua realtà in quel mondo in cui è cresciuto. Per anni tra padre e figlio le cose non sono funzionate nel modo migliore, un’antagonismo familiare dovuto alla contrapposizione, se Raffaele Perrella acquista lo stabilimento Nettuno Ciro Thierry Perrella rileva lo stabilimento Gradola, entrambe le strutture a cinquanta metri sulla Grotta Azzurra, baruffe di famiglia, vecchie incomprensioni che serpeggiano nei modelli di famiglia patriarcali, che però nei momenti di bisogno, come un vero galantuomo, quasi in un clima medievale, il figlio sempre dalla parte del padre. E le vere grane per Raffaele Perrella, hanno inizio con l’acquisto del Nettuno, che molti capresi ricordano a bordo della Ferrari con cui veniva sull’isola dove le strade non sono adatte e ciò appariva come una spacconata o come ancora trasversate sul mare in elicottero, una miriade di calciatori e volti televisivi sempre suoi ospiti che gli danzavano intorno quasi fossero giullari o scrocconi. Raffaele Perrella per il suo modus operandi viene visto come chi è riuscito a scalare la ripida montagna sociale passo dopo passo, arrivando all’apice del successo imprenditoriale, ma restando sempre quel Raffaele Perrella che chi ha avuto nobili natali vede come chi è arrivato ma resta sempre quello del punto di partenza. Il sogno di Raffaele Perrella, come si vociferava e di cui però mai ve ne sono state conferme, era di trasformare quello stabilimento balneare, nato negli anni ‘50, di cui erano soci una decina di anacapresi, venduto al patron della Fiera del Mobile, in una villa super esclusiva sulla Grotta Azzurra.

IL NETTUNO DURANTE LA TRASFORMAZIONE IN RESORT

Il Nettuno nacque negli anni ‘50, una piccola struttura che man mano si ampliò, diventò da subito lo stabilimento delle famiglie anacapresi (giocoforza anche le due piscina, una per gli adulti e l’altra per i bambini) e un riferimento estivo dei cosiddetti villegianti, non ebbe mai grande fortuna finanziaria, infatti, non riuscì mai ad essere un’attività fortemente redditizia, troppo grande la struttura, troppo pochi i mesi di lavoro, a tal punto, che quando all’orizzonte comparve Raffaele Perrella che se ne innammorò, non volle sentir ragioni e non badò a spese e certamente per più del valore commerciale della struttura nel 2004 acquistò lo stabilimento balneare. Perrella era affascinato anche dal fatto che vicino allo stabilimento vennero ritrovati i resti di una villa dell’imperatore Tiberio dando quindi un’importanza alla zona primaria ed a qualche metro di distanza il ninfeo della Grotta Azzurra. Il patron della Fiera del Mobile, Raffaele Perrella, non volle sentir ragioni, non badò a spese e acquistò la struttura, certamente pagandola più del valore commerciale nel 2004. Quello fu anche l’anno con cui iniziavano i grandi trasferimenti da Riardo ad Anacapri con camion carichi di mobili, un crescendo di opportunità lavorative che si consolidavano anche nel sociale, tra camerette, armadi e cucine venduti a prezzi di favore. Così molto velocemente Raffaele Perrella diventò l’amico di tutti, quando mandava i suoi camion brandizzati Fiera di Riardo, che però infiammava una certa diffidenza quando si parlava del Nettuno. Per diverse stagioni al Nettuno si sono intercalate le gestioni che Raffaele Perrella affidava imponendo però regole ferree e principalmente che l’ingresso allo stabilimento dai pochi euro richiesti dalla vecchia gestione dovevano essere al pari alla tariffa di quelli più prestgiosi. La vera mazzata per Raffaele Perrella era vedere la sua struttura al palo, qualsiasi cosa facesse non decollava come lui avrebbe voluto, mentre l’espansione dell’illuminato imprenditore Tonino Cacace, che affiancò al Capri Palace il beach club e ristorante il Riccio, dopo qualche anno dall’acquisto del mobiliare del Nettuno, stracolmo di clienti a tal punto che non si riuscivano a soddisfare le prenotazioni, era una sconfitta senza precedenti.
nella foto in alto il Nettuno prima di Raffaele Perrella quella in basso con la sua gestione a lavori ultimati

IL NETTUNO PRIMA DELLA TRASFORMAZIONE IN RESORT

 

IL NETTUNO DOPO LA TRASFORMAZIONE IN RESORT

Per diverse volte al Capri Palace venne offerta la possibilità di gestire il Nettuno per affiancarlo sulla scia del Riccio, anche a costi irrisori ma senza una vera indipendenza dai Perrella non venne mai accolta, insomma Raffaele Perrella era disposto a dare in gestione per annetterlo al Riccio, il Nettuno ma tenendo sempre un piede dentro, cosa questa inconciliabile, anche, perchè le idee di un imprenditore della portata di Cacace erano lontane non poco da quelle di Perrella. Poi, con la gestione del Capri Palace e del Riccio passata al gruppo della Dogus, un colosso turco con interessi nei più disparati settori, si stava concretizzando un contratto che prevedeva l’affidamento al ristorante stellato delle terrazze sul mare per espanderne la ricettività che tra clienti del ristorante ed eventi di altissimo prestigio era necessaria per soddisfare la richiesta. Un contratto che però non è stato mai messo in essere in quanto a pochi mesi di distanza dall’inizio dell’effettiva operatività, ai primi di giugno dello scorso anno, la Magistratura sulla scorta delle indagini messe in campo dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Capri, diretta dal Luogotenente Pietro Varlese e da Circomare Capri, diretto dal Tenente di Vascello Daniele Praticò, ci fu il sequestro della struttura. Un sequestro per il quale Raffaele Perrella ha trascorso notti insonni, un boccone amaro che non è sceso ed è rimasto in gola al mobiliere che voleva fare del Nettuno il suo salto di qualità. Ma l’unico salto di Raffaele Perrella finora è stato quello nei meandri della legge da cui ormai da quel sequestro non riesce ad uscire. Poco prima di Natale scorso il Pubblico Ministero Francesca De Renzis ha fatto notificare alla Tenenza della Guardia di Finanza di Capri, diretta dal Luogotenente Pietro Varlese, 17 comunicazioni giudiziarie di avviso di conclusione delle indagini, in merito ai fatti contestati per le opere che hanno interessato dal 2014 in poi il Lido Nettuno, posto su la Grotta Azzurra, e, che, da qualche anno è stato acquistato dal mobiliere casertano, titolare della Fiera del Mobile di Riardo, Raffaele Perrella.
nella foto il Nettuno con l’indicazione di resort
Diverse forze dell’ordine si sono occupate dei lavori del lido non trovando alcun riscontro di abusi e quant’altro, cosa questa che dai più era stata vista come un potere del signorotto dei mobili, che vantava di aver venduto arredamenti un po’ a tutti e non solo a calciatori delle più disparate squadre e volti televisivi, lasciando ipotizzare importanti e strategici contatti nell’immaginario collettivo. Nei primi giorni di giugno scorso, il sequestro dell’immobile, notifiche di avvisi di garanzia e perquisizioni presso abitazioni e studi professionali. Un sequestro che ebbe un grande eco mediatico per l’importanza dello stabilimento balneare, posto al di sopra della Grotta Azzurra, e legato alla storia di Anacapri, ed anche perchè il progetto di restyling di quello stabilimento balneare in un resort è firmato da Pininfarina, un nome di alto prestigio, una sorta di sdoganamento delle opere. Il Pubblico Ministero Francesca De Renzis ai 17 indagati contesta la legittimità dei permessi di costruire e le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate ritenute illegittime, in violazione della normativa urbanistica e paesaggistico-ambientale relativa alla zona e in contrasto con i vincoli previsti per l’area in cui sorge il Nettuno. I reati contestati sono l’abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, aggravati e in concorso tra loro. In materia edilizia, le indagini della Procura di Napoli hanno evidenziato la violazione al Testo unico e al Codice dei beni culturali e del paesaggio nonché al Codice della navigazione, poiché tutte le opere sarebbero state edificate in violazione della fascia di rispetto dei 30 metri dall’area demaniale marittima.

Il complesso edilizio del Nettuno, oggetto di indagine, per una superficie di circa 4mila metri quadrati, si estende su terrazzamenti sviluppandosi sulla costa che fiancheggia la Grotta Azzurra. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari e informazione di garanzia è stata notificata a: Giorgio Cozzolino, già Soprintendente per i beni architettonici, paesaggistici, storici e artistici di Napoli e provincia; la funzionaria della Soprintendenza responsabile per Capri all’epoca dei fatti Rosalia D’Apice; il direttore dei lavori e progettista Nicola Pisacane; il progettista e tecnico di parte Francesco Vetrano; il funzionario della Regione, settore genio civile, Antonio Malafronte; il responsabile e il funzionario dell’ufficio tecnico comunale di Anacapri Filippo Di Martino e Ciro Gigante; i componenti delle Commissioni per il paesaggio e per l’ edilizia del Comune di Anacapri in carica all’epoca dei fatti Michele Sorrentino, Giuseppe D’Urso, Massimiliano Ferraiuolo, Guido Gargiulo, Salvatore Maresca, Colomba Gargiulo, Paolo Staiano, Antonio Mazzarella e Monica Aurigino (quest’ultima implicata nella vicenda solo perchè era la segretaria verbalizzante della commissione), il legale rappresentante della società Nettuno srl proprietaria dell’immobile Raffaele Perrella. A quel sequestro Raffaele Perrella tramite i suoi legali fece ricorso al riesame dove non ottenne alcun risultato se non la conferma dei sigilli e dei provvedimenti della Magistratura. Dopo quest’ennesima sconfitta Raffaele Perrella non si dette per vinto ritenendo di essere dalla parte del giusto facendo ricorso alla decisione del riesame in Cassazione.
nella foto d’archivio Raffaele Perrella
tra Finanzieri e uomini di Circomare Capri
all’atto del sequestro della struttura
Da pochi giorni è arrivata la decisione della Cassazione che ha rigettato il ricorso per ottenere il dissequestro del Nettuno. Da qui ci vorranno mesi se non anni affinchè il processo riservato a Raffaele Perrella abbia inizio e per il quale il Pubblico Ministero Francesca De Renzis non ha ancora chiesto al Gip, il giudice terzo, il Giudice per le Indagini Preliminari, il rinvio a giudizio. Se verrà accordato dal Gip il rinvio a giudizio di Raffaele Perrella e di coloro che sono incorsi nel determinare la trasformazione illegittima ed illegale dello stabilimento balneare in un resort, come è prevedibile, quello che Lagambiente ha definito un eco mostro resterà così per anni. E proprio Legambiente ha preannunciato a livello nazionale la costituzione di parte civile nel giudizio e certamente ne avrebbe titolo visto che per primi, con grande ostruzionismo delle istituzioni, Comune, Soprintendenza, Ministero, ha sollevato il problema ponendo una serie di quesiti. Sul perchè le prime indagini non sono state recepite dalla Magistratura una chiave di lettura potrebbe essere la situazione che si era determinata in Procura. Ovvero, un poliziotto che prestava servizio in Procura, molto legato con Raffaele Perrella verso cui, come si suol dire, voleva farsi bello, o, chissà per quale interesse, perorò la causa del mobiliere nei confronti dell’ufficio del Pubblico Ministero inquirente, dove vi era un Magistrato che è stato radiato dalla Magistratura, Luisanna Figliolia, per altri fatti in cui il Nettuno e Perrella neanche lontanamente c’entrano. Come si legge su ilgiornale.it in un articolo del 13 novembre scorso, … ancora più grave quanto avviene tra lei e Vittorio Cecchi Gori, il produttore cinematografico finito in dissesto. La sentenza della Corte Costituzionale riassume così le colpe: alla Figliolia «è contestato di avere ottenuto da un imprenditore, che sapeva essere indagato presso il proprio ufficio di appartenenza per il delitto di bancarotta fraudolenta, vantaggi indiretti (consistenti nel conferimento al proprio coniuge di un contratto per un corrispettivo mensile di 100.000 euro) e diretti (costituiti da numerosi soggiorni in lussuose abitazioni, viaggi in aereo privato, una borsa del valore di 700 euro e una festa di compleanno del valore di 2.056 euro)». Più colorito il contesto dei rapporti tra i due come li ha raccontati, nel processo alla Figliolia, l’ex fidanzata di Cecchi Gori, Mara Meis: secondo cui la giudice avrebbe imposto al produttore oltre ai servigi del marito anche la presenza di una maga, grazie alla quale l’uomo poteva dialogare con la madre morta. La Figliolia è stata assolta in sede penale, perché non si è dimostrato quali favori – a parte i dialoghi con l’Oltretomba – fornisse a Cecchi Gori in cambio dei soldi. La cacciata però sembrava inevitabile. Il Csm, nel luglio 2017, prova a salvarla. Ma la Consulta, con la sentenza depositata ieri, va giù dura: se l’obiettivo deve essere «restaurare la fiducia dei consociati nell’indipendenza, correttezza e imparzialità del sistema giudiziario», allora «una reazione ferma contro l’illecito disciplinare può effettivamente contribuire all’obiettivo delineato (…) non essendo affatto scontato che esso possa essere conseguito mediante una sanzione più mite». E il licenziamento lascia alla Figliolia «la possibilità di intraprendere altra professione, con il solo limite del divieto di continuare a esercitare la funzione. L’accostamento all’ex magistrato, a questo punto con la m minuscola, è dovuto proprio all’interessamento per la vicenda del Nettuno e per le grane di Raffaele Perrella, ritratto nella foto, del poliziotto che avrebbe parlato con magistrati e voleva organizzare appuntamenti tra toghe e il mobiliare per chiarire la vicenda, per la quale Perrella veniva aggiornato più volte, dove, addirittura, mentre la proprietà era stata sequestrata e quindi nessuno poteva accedervi tranne il mobiliare autorizzato, il poliziotto venne sull’isola con un giornalista di terraferma a fare un reportage fotografico, cosa che non poteva fare perchè nessuno poteva entrare. Sull’interessamento del poliziotto che raccoglieva informazioni in Procura è una vicenda tutta da chiarire, ma il rapporto sui due, chi portava informazioni ed interesamento e chi le riceveva, Raffaele Perrella, resta una pagina non gloriosa per chi vuole dare l’impressione di operare nella legalità e sbandiera che è stato sotto scorta come un sigillo.