Domenica scorsa Luca ci ha introdotto alle beatitudini che sono, lo vogliamo ricordare sempre, la “magna charta” dei cristiano. Il tema proposto dalle beatitudini ci porta al cuore e all’essenziale: il cristiano deve imparare a saper scegliere con il discernimento tra una cosa e l’altra, tra un valore e l’altro, tra l’essenziale ed il marginale, tra l’importante e quello che si può anche trascurare. Questo discorso oggi si ripropone con la Parola che ci viene donata dalla Chiesa con la bocca del Signore. E soprattutto sentiamo che dobbiamo metterci in un ascolto attento e devoto perché nessuna parola del Signore vada perduta per colpa nostra.
Il Signore ci ha dotati tutti di intelligenza: ma l’intelligenza senza la sapienza del cuore diventa arida, diventa solo una mera conoscenza di notizie, fatti raccontati, scoperta di valori e di cultura. La sapienza: ma in che senso parliamo di sapienza da un punto di vista cristiano: occorre andare a rileggere alcuni capitoli del Libro dei Proverbi (capp.3.4.8.), l’intero Libro della Sapienza, il Siracide (1.6.14.19.24), ecc.: così ci renderemo conto della “vera” sapienza.
Un esempio della sapienza che viene dall’alto lo offre oggi intanto Davide con l’episodio che ci viene narrato:
Dal primo libro di Samuele (26,2.7-9.12-13.22-23)
In quei giorni, Saul si mosse e scese al deserto di Zif conducendo con sé tremila uomini scelti di Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif. Davide e Abisai scesero tra quella gente di notte ed ecco Saul giaceva nel sonno tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra a capo del suo giaciglio mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisai disse a Davide:«Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l›inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo».Ma Davide disse ad Abisai:«Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?». Davide portò via la lancia e la brocca dell›acqua che era dalla parte del capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore. Davide passò dall›altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era grande spazio tra di loro. E Davide gridò: «Ecco la lancia del re, passi qui uno degli uomini e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano
sul consacrato del Signore».
Questo testo è come un preludio a quanto ci sarà presentato dal discorso della pagina lucana. Sembra quasi impossibile per una certa mentalità pensare che nell’Antico Testamento ci sia un pensiero così alto. Ma la Sapienza di Dio non conosce né tempo né luogo: si incarna nell’uomo disponibile ad accogliere la mentalità nuova che il Dio di Israele offre e propone.
La sapienza che viene dall’alto propone una nuova mentalità. Questa la novità! Solo se ci mettiamo in questa ottica potremo comprendere ed accettare la proposta del Vangelo.
Dal vangelo secondo Luca (6,27-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Che bello l’inizio delicato di Gesù: a voi che ascoltate sembra voler sottolineare il rispetto che Gesù ha nei nostri riguardi, di rispetto per la nostra libertà di scelta. Solo se vogliamo! Ma in quali condizioni si può scegliere, se vogliamo… cioè solo nella condizione di libertà interiore che ci mette di fronte al messaggio di Gesù e lo ritiene insostituibile, vero, alla portata dell’uomo.
Cosa ci propone Gesù: null’altro che quello che Egli stesso ha vissuto e realizzato: quasi a dirci che è possibile:
è possibile “amare i nostri nemici”
è possibile fare del bene a chi ci odia,
è possibile benedire chi ci maledice,
è possibile pregare per chi maltratta,
è possibile porgere l’altra guancia,
è possibile condividere il mantello e la tunica,
è possibile condividere con chi ci chiede qualcosa,
è possibile fare del bene anche ai nemici, anzi amarli,
è possibile condividere anche il denaro con chi non ne ha:
tutto questo perché? Ecco la motivazione di fondo: vogliamo essere figli dell’Altissimo che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Dio è misericordioso. Gesù ci chiede di essere anche noi misericordiosi.
Di conseguenza:
non giudichiamo
non condanniamo
perdoniamo
doniamo
la nostra ricompensa sarà l’amore: non un prezzo materiale e terreno ma l’amore il frutto di quanto scegliamo di vivere, di fare, soprattutto di essere.
Amici lettori immagino quante perplessità direte: e avete tutte le ragioni di pensare che spesso tutte queste cose ora elencate possono essere al limite dell’impossibile.
Abbiamo bisogno di una forza che non possiamo chiedere a nessuno da un punto di vista umano. Dobbiamo chiederla solo a Colui che portava Paolo ad esclamare: tutto posso in Colui che mi dà la forza. (Fil. 4,13)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (15,45-49)
Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l’uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste.
Ecco la conclusione del discorso: non dobbiamo lasciarci dominare dall’uomo della terra incarnato dal primo Adamo, ma dobbiamo aprirci alla dimensione dello Spirito che ci è donato dal secondo Adamo, cioè Cristo. Ancora mi sento di ripetere: tutto posso in Colui che mi dà la forza. (Fil. 4,13)