Il processo per la morte di Marco Vannini, ventenne di Cerveteri, ucciso da Antonio Ciontoli il 18 maggio del 2015 mentre era a Ladispoli a casa della fidanzata, in primo grado, ha visto una condanna a 14 anni di reclusione, in secondo grado a 5 anni. Questa sentenza che riguarda un caso di omicidio ha aperto una discussione serrata sul caso dell’anacaprese Giovanni Masturzo davanti alla cui morte, a causa di un pugno sferrato con incredibile forza e cattiveria, ad opera di Stefano Mariotti, ha perso la vita. L’unica attinenza tra i due casi di omicidio, le due vite stroncate di Vannini e Masturzo e gli omicida Antonio Ciontoli e Stefano Mariotti. A Capri con gran voce si grida ad una giusta sentenza per un omicidio preterintenzionale provocato più che altro da quel ragazzone con il viso da tonto che ha sprigionato una cattiveria e violenza incredibile. Un ragazzone che fa bella mostra dei suoi muscoli, ma resta quel che resta, quel che è!
E’ tanta la rabbia, quella sera se non fosse stato sferrato quel pugno a quest’ ora Giovanni Masturzo sarebbe nella sua Anacapri, lo stesso sarebbe per Marco Vannini, nella sua Cerveteri se non fosse stato colpito da un proiettile. Il processo ad Antonio Ciontoli è iniziato con una grande attenzione dell’opinione pubblica anche sensibilizzata dall’attenzione mediatica, eppure ciò non è servito a molto, dopo una condanna a 14 anni in appello è stata riformata, modificando il capo d’imputazione, a 5 anni. Il processo a Stefano Mariotti per omicidio preterintenzionale è iniziato con udienze che vedevano prima la richiesta del patteggiamento scongiurata dall’avvocato della famiglia del giovane anacaprese, poi un altro tentativo concordato questa volta con il Pubblico Ministero, un colpo di spugna per una pena a 4 anni di reclusione. Il Gup Luca Battinieri, davanti a questa proposta del legale del bullo romano, su insistenza della parte civile, l’avvocato Roberto Tropenscovino, l’ha respinta dopo aver visto i filmati delle telecamere di videosorveglianza di quella tragica sera, dove è emerso con chiarezza che la vittima, l’anacaprese Giovanni Masturzo, non ha provocato quella che l’imputato definisce una reazione al fatto, spalleggiato nella dichiarazione dalla fidanzata Maria Teresa Troccia “avrebbe colpito il Mariotti alla testa/fronte col casco che aveva in mano e che, quindi, quest’ultimo si sarebbe sostanzialmente limitato a reagire al colpo subito”, quindi, che si sarebbe difeso.
Il Gup Luca Battinieri, che già si era riservato di decidere, ha respinto formalizzandola, la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali di Stefano Mariotti, imputato per omicidio preterintenzionale, ai danni dell’anacaprese Giovanni Masturzo, il quarantacinquenne di Anacapri, morto nel letto dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, a seguito di un pugno sferrato con incredibile forza e cattiveria. Sarebbe stato vergognoso, per quel sentimento che è la giustizia, che un’accusa di omicidio preterintenzionale venisse ridotta ad una pena di 4 anni, poiché, davanti a questa sanzione, per la vita di un essere umano, Stefano Mariotti, non avrebbe scontato neanche un giorno di carcere. Infatti, avrebbe potuto usufruire della possibile sospensione dell’ordine di carcerazione, in alternativa lo sconto della pena con l’affidamento ai servizi sociali, semilibertà o arresti domiciliari. In ogni caso, davanti ad un vita persa, sarebbe stata una pena irrilevante, ovvero, un caso di giustizia non giusta. In effetti, la richiesta di patteggiamento del legale di Stefano Mariotti, di chiudere con un colpo di spugna la vicenda e con una pena a 4 anni, scaturisce dall’imputazione di omicidio preterintenzionale ove è previsto dagli articoli del codice penale 584: chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582 (1), cagiona la morte di un uomo (2), è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni. In caso di rito abbreviato, il patteggiamento, la pena per il reato di omicidio preterintenzionale, prevede la reclusione da dieci a diciotto anni per ottenere uno sconto di un terzo e non avendo precedenti penali a suo carico, con le attenuanti generiche, ulteriormente un terzo di sconto di pena, riducendo la condanna a pochi anni per aver stroncato la vita a Giovanni Masturzo, proprio i 4 anni proposti dal suo legale ed accolti dal Pubblico Ministero, ma non dal Gup. Dall’autopsia del corpo di Giovanni Masturzo, che inchioda l’imputato, è emerso con chiarezza che la morte del giovane anacaprese è stata determinata dalle conseguenze di quel pugno. L’avvocato Roberto Tropenscovino, parte civile dei familiari della vittima, anche davanti al fatto che l’omicida, attraverso il suo legale, aveva concordato il patteggiamento della pena a 4 anni con il Pubblico Ministero, non si è perso di coraggio, si è battuto ed alla fine di questa fase del processo l’ha vinta, respingendo la richiesta di patteggiamento. E’ agghiacciante che davanti alla morte di Giovanni Masturzo, la sua ex fidanzata, Maria Teresa Troccia, difesa con forza dalla sua famiglia in parte anacaprese, abbia spalleggiato il suo attuale amore, l’omicida Stefano Mariotti, rendendo dichiarazioni a tal punto di riferire una verità diversa, ovvero che la vittima avesse colpito con il casco al volto del Mariotti e quindi, dando una spiegazione che quel pugno era stato sferrato dopo essere stato colpito, il pugno è costato la vita al Masturzo. Si torna in aula il 14 marzo 2019 con un cambio del Gup, a Luca Battinieri subentra con la richiesta di rito abbreviato il Gup Chiara Bardi che dovrà valutarne l’ammissibilità, cosa questa tecnicamente scontata perchè verrà proposta probabilmente in modo concreto e superiore ai 4 anni. Il Gup è cambiato perchè in pratica Luca Battinieri ha detto no al patteggiamento e si è fatto già un’idea della vicenda, per amore della giustizia, quindi, un nuovo Gup. L’avvocato Roberto Tropenscovino, parte civile dei familiari della vittima, dovrà intraprendere un’altra battaglia, una battaglia dove non potrà indietreggiare neanche di un millimetro perchè ogni cedimento potrebbe consentire di sovvertire la giustizia, garantendo all’omicida la possibilità di farla franca con la giustizia terrena, ma dietro l’altro c’è sempre quella divina!