Vorrei donare ai lettori uno squarcio di contemplazione: cioè in questa solennità di Cristo Re, elevare il nostro sguardo e poter “vedere” da vicino il vero volto di Dio incarnato in Gesù Cristo, il Dio nato Uomo, come noi, dal grembo stupendo e verginale di Maria di Nazareth.
Quando l’uomo pensa a Dio, da sempre il suo pensiero, per deformazione umana, corre verso qualcosa di grande di potente, che sovrasta e che comanda, dirige, imparte ordine.
Quando si sente che la Chiesa festeggia la Solennità di Cristo Re dell’Universo, questa tentazione potrebbe subito venire fuori.
Ci domandiamo perché questa Festa oggi chiude l’anno liturgico della Chiesa? Prima della riforma liturgica, voluta dal Concilio, questa festa era a se stante, quasi non era legata allo svolgimento dell’anno di preghiera e celebrazioni della comunità. Grazie a Dio la riflessione biblico-teologico-liturgico-ecclesiale ha realizzato questo connubio. Per cui questa festa è vita nell’ottica di un cammino del credente che attraverso la liturgia scandisce il suo cammino, la sua crescita, il suo inserimento nel mistero del Cristo.
Dio si è rivelato in Cristo Gesù, il Figlio prediletto, che ha sconvolto il mondo intero e la storia, presentando Dio, il “suo” Dio, completamente diverso da altre divinità pur adorate e immaginate da tantissimi altri popoli sulla faccia della terra. Ricorda il lettore la mitologia sia greca che latina? Ricorda il lettore queste divinità scendere a contesa con gli uomini, pensate, per una donna, per la sua avvenenza! Che differenza!
Il nostro Dio nasce in una grotta di animali, completamente spogliato di ogni forma di potenza:
Egli, “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio,ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo,umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre”.
Vive una vita provvisoria fatta prima di silenzio, per quasi trent’anni, poi una vita di ramingo per annunciare un Vangelo di liberazione a tutti specialmente ai poveri, agli afflitti, agli abbandonati, ai dimenticati, ai viventi al margine della società. Si circonda di 12 che chiamerà apostolo che al momento opportuno o lo rinnegano o lo svendono o lo abbandonano nel momento cruciale della croce. Un fallito per giunta fallimentare! Eppure proprio questo Gesù di Nazareth è Colui che salverà il mondo: non con i bei discorsi, non con i miracoli, ma unicamente con l’amore che diventa la Sua Parola e si concretizza nel sacrificio di se stesso sull’altare della Croce.
Non bisogna dimenticare una fatto importante che è l’icona di tutta la vita del Cristo: la lavanda dei piedi nell’Ultima Cena. Un Dio inginocchiato davanti alla sua creatura e le lava i piedi: ecco la cifra della festa di oggi, della vera regalità di Cristo.
Comprende allora il lettore come questo discorso sia sconvolgente per la nostra mentalità trionfalistica, di comando, di superiorità e di soggezione nei riguardi degli altri. Un prevalere inutile vista la realtà della morte che ci renderà tutti uguali (possiamo ricordare “a livella” di Totò, il carissimo poeta-filosofo napoletano).
Ebbene la visione che si presenta davanti ai nostri occhi propone una vittoria dell’essenziale sull’effimero, della verità sulla falsità, dell’amore su ogni forma umana di egoismo in cui troneggia l’ego. Davanti al trono della croce ogni ginocchio si piega riconosce come ha fatto il centurione: Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Possiamo leggere adesso a corredo di quanto detto la liturgia del giorno:

Dal libro del profeta Daniele (7, 13-14)
Guardando nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

La signorìa di Gesù contemplata in anticipo da Daniele si completerà con la visione di Giovanni nell’Apocalisse.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (1, 5-8)
Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!

La regalità di Cristo, nella visione di Giovanni, diventa lode A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Dove l’amore troneggia e diventa il motivo della regalità: di fronte a questo amore osannato e coronato il Figlio dell’Uomo, il Figlio di Dio viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!
L’amore di Dio incarnato in Cristo Gesù segna con la croce la vittoria definitiva del Bene sul male: la regalità di Gesù che noi contempliamo assiso alla destra del Padre, diventa anche il criterio di giudizio quando noi uomini ci confronteremo con Lui alla fine di questo tempo che stiamo vivendo, sia a livello personale che poi alla fine del mondo come umanità. Una delle pagine più significative del Vangelo in questo senso rimane il capitolo 25 di Matteo, comunemente descritto come il giudizio finale. Dove non saremo chiamati a rispondere di altro che dell’amore: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Quando sarebbe stato molto più bello, umanamente parlando, che il processo imbastito dai Giudei con la complicità di Pilato avesse avuto questo filo conduttore: l’amore! E invece…

Dal Vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici:io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo:per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Potremmo noi capovolgere il discorso: dire a Gesù: ho fame: ti sto sfamando (Eucaristia); ho sete: ti sto dando la grazia ogni volte che bussi alla mia porta; ho freddo: ti sto ricoprendo con il mantello del mio abbraccio; sono solo: sono rimasto lì accanto a te anche quando dormi, quando si svegli, quando vai, quando vieni; ero forestiero: ti ho chiamato amico e ti ho dato la mia casa, il mio cuore; ero povero: ti ho dato la ricchezza del mio amore per cui non ti manca niente perché mio Padre è Provvidenza.
Anche sulle nostre labbra scaturisce allora spontanea l’esclamazione: Mio Signore e mio Dio! A Te che sei morto per amore mio tutta la mia lode, il mio ringraziamento, la mia adorazione: perché Tu sei davvero il mio Re: sei il mio amore, sei il mio tutto.
Buona Festa di Cristo Re a tutti.