Sono molte le polemiche per l’apertura del ristorante IKI, all’insegna trattoria giapponese, che si propone come art gallery, sushi restaurant, terrace bar e design shop, che ha aperto quest’estate a ridosso della piazzetta di Capri in quelli che per decenni ospitavano gli uffici della direzione dell’Azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo Isola di Capri, utilizzandoli come sede di eventi culturali con conferenze e presentazioni di libri, oltre ad essere la cosiddetta cabina di regia per decenni del turismo di Capri. I locali occupati, con un regolare contratto di fitto del proprietario che è il Centro Caprense, l’ente morale che fin dalla sua fondazione, (ad opera di Edwin Cerio, che a tale scopo donò al Centro i propri immobili nel 1947), si propone di adoperarsi per la tutela e la conservazione del patrimonio archeologico, naturale e storico dell’Isola di Capri e che sembra aver scambiato il fare cassa piegandosi al cibo. ll Ministero dei Beni Culturali dell’epoca, nel 1982, vincolò Palazzo Cerio, il complesso architettonico adiacente alla piazzetta, con l’intento di tutelare un bene storico e architettonico di Capri da possibili stravolgimenti e speculazioni. Palazzo Cerio venne, infatti, costruito nel 1372 dal conte Giacomo Arcucci segretario della regina Giovanna I d’Angiò, primo signore di Capri. Parte del complesso dei conti Arcucci, erano anche Palazzo Farace e Palazzo Vanalesti, proprio in quest’ultimo è nato il ristorante giapponese. Un’operazione prettamente commerciale che ha avuto il placet da parte della Soprintendenza, sempre molto attenta e severa nell’autorizzare solo lavori edili che rispettino la storia e la natura del bene vincolato, che ha autorizzato lavori così dissonanti con il precedente stato dei luoghi, autorizzandone anche un cambiamento di destinazione d’uso e facendo entrare un ristorante dentro l’antico palazzo. Eppure, nell’apporre lo stringente vincolo, la Soprintendenza sottolineava “l’interesse particolarmente importante perché sotto il profilo storico rappresenta una testimonianza della storia di Capri fin dal secolo XIV quando fu residenza della regina Giovanna I d’Angiò. Appartenne al Conte Arcucci nel tempo in cui venne fondata la Certosa. Sotto il profilo artistico l’edificio rappresenta un cospicuo esempio di palazzo fortificato del XIV secolo, ingentilito da successivi lavori che ne hanno adeguato il primitivo carattere a quello di un castello nobiliare del XV-XVI secolo…”.

A stipulare il contratto di fitto con il Centro Caprense Ignazio Cerio la società Iki Capri srl, rappresentata dall’architetto Francesca Faraone, che si è assicurata gli spazi ed anche di un salone in comodato gratuito al prezzo di 2mila euro al mese, per attività commerciale, per sushi bar e lounge room, per vendita di oggetti di arte e di design non in contrasto con la mission culturale del Centro Cerio, in uno all’organizzazione di eventi culturali, musicali, sportivi, artistici ed in genere di qualsiasi natura al fine di divulgare e promuovere l’interscambio culturale tra Oriente ed Occidente. I vicini del nuovo ristorante ad ispirazione orientale da mesi lamentano di subire odori e rumori ed inquinamento luminoso, non ultimi quelli della musica e da qui hanno intrapreso una serie di azioni a tutela della loro tranquillità, dove, agli inizi di agosto l’Iki ha ricevuto la visita dei Carabinieri della Stazione di Capri e dell’Asl del dipartimento di prevenzione, servizio igiene e sanità pubblica, che ha iscritto sul registro degli indagati l’amministratore dell’IKI per il reato di cui all’art. 659 del Codice Penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) in quanto tra la fine di un giorno e l’inizio dell’altro, quindi a notte inoltrata, dal ristorante giapponese provenivano rumori quale la diffusione musicale che produceva distrurbo alla quiete pubblica. Un elemento questo che consentirebbe al Centro Caprense Ignazio Cerio di poter risolvere il contratto di fitto ipso facto, tornando a produrre cultura e non cibo. Tra l’altro per quanto concerne la pratica autorizzativa dell’ufficio commercio di Capri, i legali dei vicini, ormai più che esasperati da odori e rumori, provenienti da un luogo che prima era officina di cultura ed ora un ristorante, stanno anche verificando come sia stato possibile autorizzare un ristorante ai piani sopraelevati ed ancor più ove vi sono barriere architettoniche che non permettono l’accesso al ristorante, meglio al sushi bar e lounge room come riportato sul contratto di fitto, ai portatori di handicap, cosa questa che era molto cara all’allora responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Capri, architetto Massimo Stroscio, e cosa prevista dalle leggi vigenti per le nuove aperture, che in un altro caso per l’apertura di una nuova attività non volle concedere il suo parere favorevole se non dopo che fosse realizzato, l’abbattimento delle barriere architettoniche e la creazione di un servizio igienico destinato esclusivamente ai portatori di handicap con la propria carrozzella. Perplessità di tanti cittadini che si vedono impediti dall’architettura dei locali e che non possono aprire attività di pubblico esercizio, cosa questa invece consentita ai titolari dell’IKI. Tra l’altro c’è chi giura che sarebbero stati compiuti anche abusi edilizi, cosa questa da dimostrare, che, nessuno, finora è andato a controllare e che coinvolgerebbero, anche il Centro Caprense Ignazio Cerio. Anche sul cambio di destinazione d’uso da A1, ovvero abitazione signorile, in C1, negozi e botteghe, dove a Capri con questa categoria catastale si può fare anche il ristorante. Tra l’altro la scia presentata è non tutelata, ovvero per una zona senza vincoli, cosa strana in quanto quell’immobile ha un vincolo posto dal Ministero dei Beni Culturali dell’epoca, che nel 1982, vincolò Palazzo Cerio. Infine, bisogna verificare se si può aprire un pubblico esercizio, ovvero cosa prevede il piano regolatore, ad un piano rialzato, anche perchè in questo caso si potrebbero aprire negozi e ristoranti in tanti palazzi ed appartamenti. In tutta questa pratica certamente c’è qualcosa che non va e che deve saltare fuori, perchè, anche a Palazzo Cerio, la legge è uguale per tutti.